domenica 30 gennaio 2011

Storia di Marius (a cosa serve la memoria?)

Storia di Marius

(a cosa serve la memoria?)

A cosa serve una giornata della memoria se non a riscrivere nel presente una misura di ciò che è lecito e illecito per una società? A rimisurarsi con l’ “intollerabile” affinché non venga oltrepassato mai più, almeno nelle coscienze, il luogo in cui maturano pensieri e azioni. Questa rivista ha dedicato molti articoli e saggi, e un libro a come si sono costruite le premesse che hanno reso possibile l’intollerabile di ieri. Oggi vogliamo ragionare ed esporre l’intollerabile di oggi. La storia di Marius, che vive e cresce nel cuore di una grande città italiana, con al collo un invisibile cartello, che ne disegna un destino: idea intollerabile per una "civiltà". Proponiamo qui la sua storia come un appello alla società civile e alle istituzioni che oggi pronunceranno sacrosanti discorsi.
(sgombero del settembre 2010, milano)
Marius ha 15 anni, è arrivato a Milano pochi mesi fa insieme alla sua famiglia dalla Romania.
Avevano trovato una precaria sistemazione in uno spazio abbandonato nella zona Rubattino, a est di Milano, dove già vivevano accampati numerosi rom rumeni, poveri e disperati come loro. La sorellina Alexandra e gli altri bambini del campo tutti i giorni andavano a scuola.
Per lui invece, che è analfabeta, non si era trovata una classe adatta: troppo piccolo per la scuola degli adulti, troppo grande per una prima elementare, troppo difficile l’inserimento in una scuola media.
Al campo Marius incontra Stefano Pasta, della comunità di Sant’Egidio, che accompagna i bambini e i ragazzi a fare la doccia. Marius chiede a Stefano di poter andare a scuola come tutti gli altri.
Stefano allora si rivolge a noi, un gruppo di insegnanti dell’Istituto Tecnico Gramsci.
Il nostro impegno al fianco delle famiglie rom era iniziato finanziando una borsa di studio che ha consentito a un ragazzo, Marian, di frequentare un corso professionale per elettricisti.
Marian, che chiedeva l’elemosina in piazzale Loreto a Milano, grazie all’ interessamento di Stefano Pasta e con la nostra borsa di studio (libri, materiale scolastico e abbonamento per i mezzi pubblici), dopo uno stage di lavoro incomincia a vedere un futuro diverso da quello del mendicante.
Poi abbiamo conosciuto i bambini ospitati provvisoriamente nel dormitorio di viale Ortles, prima che fossero di nuovo sbattuti in mezzo alla strada, in un esodo cittadino continuo, di precarietà in precarietà.
A loro, a settembre, prima dell’inizio delle scuole, abbiamo offerto un aiuto per i compiti. Abbiamo incontrato bambini educati, puliti che ci accolgono con gratitudine perché ci sediamo di fianco a loro per farli studiare e continuano a studiare con noi anche quando riprende l’anno scolastico: hanno la consapevolezza e la concentrazione di un adulto che si impegna a recuperare il tempo perso.
Il percorso scolastico di questi bambini è frammentato: sono nomadi per forza, condannati allo sgombero continuo.
E poi parte l’avventura con Marius, un’ impresa che ci appare difficilissima: insegnare ad un adolescente a leggere e a scrivere, senza avere una lingua in comune - conosce in italiano solo poche parole, alcune per noi raggelanti: polizia, sgombero, baracchina, elemosina.
Incontriamo un ragazzo gentile e sorridente che non accetta una introduzione morbida, giocosa allo studio, lui chiede con determinazione “scola”.
La sede della Acli in via Conte Rosso ci ospita per le lezioni, lui viene e scuola tutti i giorni, regolarmente e puntuale, anche quando noi disperiamo di vederlo perché sappiamo che sono stati sgomberati la mattina presto e non sanno dove andare a passare la notte.
È cominciato il freddo, piove spesso e la sua famiglia è stata sgomberata dal campo di Rubattino e vive, senza un tetto, sotto un telo di plastica perché bisogna stare nascosti, e un riparo di assi o delle tende segnalano troppo la loro presenza: accanto agli sgomberi annunciati o eseguiti o ufficiali si verificano quotidiani sgomberi di piccoli o piccolissimi gruppi che non fanno nemmeno notizia.
Sappiamo che dormono bagnati, ci offriamo di portarci via le loro cose da far asciugare nelle nostre case riscaldate, Marius però arriva a lezione con lo zaino in ordine e i compiti fatti.
Della scuola ama anche avere uno zaino, con i quaderni, l’astuccio con le matite, le forbici, la colla, le biro.
Ad ogni sgombero loro devono allontanarsi in fretta e racimolare di corsa le cose indispensabili, si perdono le coperte e gli indumenti che gli amici italiani avevano raccolto per loro, e i bambini mettono in salvo le loro cartelle con i quaderni, i compiti.
Noi ancora ci domandiamo come si riesca a vivere di sgombero in sgombero, provvedendo ai figli e accompagnandoli a scuola, in ordine, puliti e puntuali. Ad ogni sgombero, bisogna ripartire da zero per le necessità quotidiane, ad ogni sgombero la scuola si allontana. Lo sconforto e la disperazione che nascono da queste esperienze di azzeramento forzato sono palpabili al di là delle parole.
Queste persone drammaticamente povere cercano di vivere in modo dignitoso e contano sulla scuola per dare un futuro migliore ai propri figli. Sono i più poveri fra i poveri perché il pregiudizio non rende loro semplice trovare lavoro neanche precario e neanche mal pagato.
Sono passati tre mesi e ora Marius scrive con sempre maggiore sicurezza in stampatello (anche se a lui piace il corsivo, più elegante), comincia a leggere anche se ancora con qualche con difficoltà. Un traguardo enorme per lui, ma ancora insufficiente per consentirgli la frequenza di un corso professionale. Il nostro lavoro non è finito.

Marius racconta storie bellissime sulla sua cavalla Dana, lasciata in Romania, che lui cavalcava senza sella; sul cane Pacionel che vive con loro e che è rispettato come un componente della famiglia; sul nonno che sa suonare la fisarmonica e la pianola, discendente di una stirpe di musicisti, capace di raccontare storie incredibili ai nipoti riuniti ad ascoltarlo. Gli insegnanti di Marius, ascoltano i suoi racconti e lo aiutano a riportarli sulla pagina, a tradurli in lettere che diventano prima frasi, poi brevi racconti scritti.
A quest’esperienza quotidiana, fatta di studio, di merende e di gesti solidali da parte di tutti quelli cha hanno avuto il piacere di conoscere questo ragazzo, si oppone però l’esperienza brutale degli sgomberi: il penultimo il 19 novembre, l’ultimo venerdì 21 gennaio. E ogni volta, si ricomincia daccapo, per strada alla ricerca di un di uno spazio coperto pur sapendo che sarà solo fino al prossimo sgombero.
Marius è intelligente, è riflessivo, è perspicace, ha tanti interessi, curiosità, voglia di imparare per poi lavorare. Marius in questi mesi ha acquisito sicurezza e dignità Marius però a Milano è solo uno zingaro che tutti guardano con sospetto o addirittura con disprezzo, qualcuno con schifo. Per poter iscriversi ad un corso professionale e poi trovare lavoro avrà bisogno non solo del nostro aiuto nello studio, o di una borsa di studio ma sarà indispensabile la mediazione di chi garantisca per lui: Marius non è come tanti ragazzi stranieri e poveri che si fanno strada con fatica, è un rom ed è quindi, lo dice la parola, nomade e inaffidabile.

* Annelise Madia sta lavorando con Marius insieme a un gruppo di insegnanti colleghi dello “Schiaparelli-Gramsci” di Milano: Laura Terno, Elisa Graziano, Claudio Di Pietro.

(27 gennaio 2011)

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