RESOCONTO SGOMBERO DEL CAMPO ABUSIVO DEL CANNETO ALL’INIZIO DI VIA CANDONI di Maria Doriana Casadidio
Sabato 6 agosto
Andavo al campo di via Candoni per il compleanno di Cristin una bambina che vive lì con la sua famiglia. Alla fermata dell’auto, all’inizio della strada, c’erano diverse persone tra cui molti minori con valige e materassi, ho pensato a una partenza di gruppo visto che diverse famiglie d’estate vanno a trovare i parenti nei paesi d’origine. Al ritorno dopo circa un’ora e mezza le persone erano ancora lì e mi sono accorta che nel lato opposto avevano spianato il canneto e le baracche che ospitavano le famiglie sgomberate.
Conoscevo una delle ragazze e mi sono fermata a parlare per capire cosa fosse successo. La ragazza mi ha detto che erano venuti i vigili e avevano ordinato alle famiglie di andarsene poi avevano abbattuto le loro baracche. Sembra che lo sgombero fosse stato annunciato per la fine delle scuole frequentate dai bambini dell’insediamento, ma nessuno sapeva una data precisa e comunque non sembra ci sia stato l’avviso che deve essere consegnato alle persone nei tempi stabiliti.
Come si evince dall’immagine lo spazio dove si trovavano le famiglie alle quali non era stato dato un soggiorno alternativo era molto stretto e la presenza di tanti bambini piccoli in una strada transitata da mezzi pesanti: camion e autobus, poteva mettere in pericolo la loro incolumità. Mentre stavo andando via mi si è avvicinata una donna molto giovane con un bambino in braccio e mi ha chiesto se potevo accompagnarla a prendere l’acqua a una fontanella, avrebbe preso le bottiglie dai cassonetti per la plastica. In macchina mi ha detto di avere 24 anni e tre bambini, viveva al campo con i suoceri e il cognato, il marito è in carcere per rissa. Abbiamo poi preso le bottiglie al bar dove siamo andate a prendere un caffè. Le ho promesso che avrei cercato di contattare qualcuno e che comunque sarei tornata il giorno dopo.
Come sono arrivata a casa ho aperto il computer e ho cominciato a inviare mail a tutte le persone che ingenuamente speravo avrebbero potuto risolvere la situazione.
Sui messaggi di face book ce n’era uno di Marcello Zuinisi dell’opera nomadi, l’ho contattato e mi ha risposto immediatamente, non era a Roma, ma mi ha inviato il suo numero telefonico, l’ho chiamato e mi ha consigliato di rivolgermi a Marco Squicciarini responsabile della Croce Rossa. Squicciarini, che si trovava in montagna, mi ha dato a sua volta il telefono di AnnaMaria Pulzetti che ha provveduto a portare l’acqua alle famiglie la mattina del 7 agosto.
La sera, quando sono tornata alla fermata dell’auto di Candoni per portare una pasta al forno, l’acqua era ovviamente terminata, era invece cresciuto il numero delle persone e dei bambini accampati. Ho richiamato la signora Pulzetti che mi ha detto di rivolgermi al comune, la Croce rossa aveva esaurito le scorte d’acqua e ha ribattuto che le donne in fondo avevano rifiutato l’ accoglienza offerta a madri e figli, gli uomini erano ovviamente esclusi in quanto, a parere della signora, potevano arrangiarsi. La mattina seguente , un nuovo intervento “umanitario” dei vigili, aveva privato le famiglie dei materassi e della precaria sistemazione. Il giorno dopo verso le 15 quando sono tornata con tutte le bottiglie e le taniche d’acqua che sono riuscita a trovare, la fermata era deserta. A comunicarmi la notizia del nuovo sgombero avvenuto alle sette di mattina è stato l’operaio che stazionava con il camion sul terreno dell’ex canneto.
Ho proseguito per il Campo regolare in cima alla strada dove mi hanno confermato la versione dell’operaio. Quando sono tornata in dietro la fermata dell’auto si stava ripopolando delle persone sgomberate che non sapevano dove andare. Ho consegnato l’acqua e ho lasciato il mio numero telefonico.
Via mail ho ripreso a contattare le associazioni che si occupano di diritti umani: l’Associazione 21 luglio, l’Istituto di Cultura Sinta, l’Arci solidarietà.
Il 10 mattina ho ricevuto la chiamata della madre che avevo accompagnato a prendere acqua il primo giorno dopo lo sgombero, era preoccupata per il protrarsi della situazione, il giorno seguente dovevo incontrare Najo Adzovic per una proposta da inserire in un progetto, quindi ho pensato di portare con me mamma e figli per accelerare i tempi . L’appuntamento con Najo era fissato alle undici di mattina, ma il protrarsi di una riunione in Comune gli aveva consentito di arrivare solo alle 14.
Come si può vedere dalle foto all’incontro erano presenti altre persone che come me avevano presentato le loro proposte per il progetto . Quando Najo Adzovic è arrivato i bambini erano molto stanchi e dopo un breve scambio di parole in cui Najo ha assicurato che si sarebbe occupato della situazione ho portato la famiglia a casa mia per mangiare qualcosa. Un piatto di gnocchi al pomodoro e un bagno in una vasca di plastica diventata una piscina improvvisata hanno eliminato tutta la stanchezza e il caldo della mattinata.
Ho riaccompagnato la famiglia a villa Bonelli dove si era trasferito anche il resto del gruppo. Al bar, dove siamo entrati per prendere il gelato, abbiamo subìto uno dei tanti attacchi che si ripetono contro i rom, la proprietaria ci ha cacciati fuori perché a suo parere i bambini facevano confusione. Le ho risposto che non ci saremmo mossi finché non avessimo finito la consumazione.
Daniela mi aveva anche lasciato quel giorno il numero di due persone che avevano seguito la situazione nell’ex campo del canneto. Parlare con Federica mi ha permesso almeno di condividere la preoccupazione per quei bambini buttati in mezzo alla strada.
Il 12 ho ricevuto una chiamata di Daniela, mi diceva che il gruppo si era trasferito nel parco di villa Bonelli e mi chiedeva se potevo portare una tenda, la notte precedente i bambini avevano sentito freddo. Per fortuna il negozio di campeggio a via di porto Fluviale era ancora aperto e ho potuto prendere una tenda abbastanza grande e abbordabile per le mie finanze, a casa avevo anche un sacco a pelo di stoffa abbastanza imbottito da servire come materasso.
Nel frattempo ,non ricordo il giorno, il gruppo aveva ricevuto la visita di Najo Adzovic e di don Paolo. Najo aveva detto alle famiglie che avrebbe provveduto alla loro sistemazione. Il 15 le persone erano ancora nel parco di villa Bonelli. Verso le 12 avevo ricevuto la chiamata di Daniela, era preoccupata perché il suo nome, quello dei bambini e della suocera non figuravano tra le persone che sarebbero state ospitate sulla Salaria. Avevo fatto lo speaker per un report sull’ex cartiera della Salaria e speravo che non fosse quello il posto dove il gruppo sarebbe stato trasferito. Sono arrivata a villa Bonelli alle 15 e mi ci è voluto un po’ per capire che era stato il cognato di Daniela a escludere la famiglia dalla lista.
Ho tirato un sospiro di sollievo, “la casa di carta” come viene chiamato quel posto è una struttura malsana che confina con un deposito della spazzatura, le famiglie vivono in stanzoni separati da reti coperte da plastica e lenzuola per un minimo di vita privata, ci sono infiltrazioni di umidità, bagni insufficienti, non c’è una cucina, i pasti vengono portati da fuori e il più delle volte sono immangiabili. Pensavo anche che l’estate non sarebbe durata in eterno e quelle persone dovevano avere un tetto, ma non potevo immaginare che quei ragazzini sul prato, che si arrampicavano sugli alberi e che la vita aveva messo sulla mia strada fossero confinati in quel ghetto. E gli altri, allora? Quelli che nel ghetto ci vivevano?
La pratica Buddista mi ricorda che la preoccupazione è una delle offese alla vita. Avere fede vuole dire ricordarsi che-“ quanto più buia è la notte più vicino è il giorno”- e il sorriso di quei bambini era già il giorno, io dovevo solo continuare a cercare. . I ritardi burocratici e l’assenza per ferie delle persone che dovevano occuparsi del trasferimento non aveva permesso di portare a termine la sistemazione del gruppo.
Il 18 mi avevano avvisato che le famiglie erano tornate alla fermata dell’auto di via Candoni, in uno o due giorni sarebbe avvenuto il trasferimento. I ritardi burocratici e l’assenza per ferie delle persone che dovevano occuparsi del trasferimento non aveva permesso di portare a termine la sistemazione del gruppo.
Sabato sera…
In tutto questo periodo oltre a contattare le varie associazioni umanitarie avevo mantenuto una comunicazione costante con Carlo Stasolla presidente dell’Associazione 21 luglio che si occupa dei diritti dei bambini rom.
Ovviamente parlando con le persone sgomberate mi è stato detto che non avevano ricevuto nessuna comunicazione nelle 24 ore precedenti. La signora Pulzetti che opera sul territorio di Roma che ho contattato attraverso Marco Squicciarini, mi ha detto che sarebbero passati a portare almeno l'acqua. Come scrivevo poco fa a Carlo Stasolla,( all'inizio di via Candoni) ci sono sei minori lasciati non a pane e acqua, ma a acqua, a cui non solo è stato tolto il precario tetto che avevano in testa, ma ai quali si vuole togliere anche il diritto alla vicinanza del padre.
Stamattina ho portato comunque un po' di spesa e stasera tornerò, sperando davvero che nel frattempo le menti oscurate ricevano uno sprazzo di luce.
Tutto questo si chiama Porrajmos
L'olocausto Rom non è mai terminato
L'olocausto Rom non è mai terminato
Quanto dolore dobbiamo ancora sopportare ?
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