"Pedalando nella Memoria", la parola a uno dei protagonisti. Roberto Hamidovic racconta la sua storia: "Più di 10.000 rom vivono all'interno dei campi intorno a Roma. Sembrano dei lager, ci sono telecamere e guardie dappertutto. È quasi come rivivere quella esperienza per noi".
26 febbraio 2012
21 chilometri di corsa per dire no al Razzismo
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Pedalando nelle Memoria - VIII Memorial Settimia Spizzichino, ha dato spazio non solo allo sterminio degli ebrei. Sono state infatti messe in luce le storie, spesso sconosciute, di quanti col popolo ebraico gli ebrei hanno condiviso dolore, paura e spesso la morte. Parliamo della comunità gay e della popolazione rom.
Roberto Hamidovic, giovane rom del campo di Castel Romano e tesserato da anni all'Uisp di Roma, impegnato in associazioni e cooperative allo scopo di far conoscere e migliorare la condizione dei rom a Roma, ci ha raccontato le storie toccanti che alcuni componenti del suo popolo hanno subito.
"Sono stato molto contento ed orgoglioso di essere coinvolto nell'organizzazione di questa edizione di Pedalando nella memoria, soprattutto perché quest'anno si è toccato un argomento a me vicino e che spesso si dimentica: lo sterminio di moltissimi rom nei campi di concentramento.
Ho portato a partecipare un piccolo gruppo di miei compagni dal punto di ritrovo di Piazza Caduti della Montagnola. La nostra adesione è servita a far capire agli altri rom cosa è realmente successo, a far conoscere la storia, le storie dei nostri antenati per far capire che anche i rom sono partecipi e non vogliono dimenticare ciò che è successo. Nel mio intervento, infatti, ho voluto ribadire l'importanza della memoria di questo popolo, far conoscere ciò che è successo nei campi di concentramento ai rom: più di 500 mila morirono. Senza un perché, solo perché avevano un'altra cultura.
Ho portato a partecipare un piccolo gruppo di miei compagni dal punto di ritrovo di Piazza Caduti della Montagnola. La nostra adesione è servita a far capire agli altri rom cosa è realmente successo, a far conoscere la storia, le storie dei nostri antenati per far capire che anche i rom sono partecipi e non vogliono dimenticare ciò che è successo. Nel mio intervento, infatti, ho voluto ribadire l'importanza della memoria di questo popolo, far conoscere ciò che è successo nei campi di concentramento ai rom: più di 500 mila morirono. Senza un perché, solo perché avevano un'altra cultura.
Quel giorno è stato fondamentale far capire tramite me che la comunità ha sofferto molto. Alcuni uomini e donne rom mi hanno raccontato le loro tragiche esperienze nei campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. Rucchia Randonovic è riuscita a sopravvivere pur riportando danni fisici e psichici. Mi hanno descritto le loro sensazioni, quando nel campo insieme agli ebrei condividevano paura, dolore, coraggio. Ho saputo la storia di due ragazze, una ebrea e l'altra rom, che condividevano gli stessi spazi nel compartimento di sole donne. Si volevano molto bene, ma un giorno dei soldati tedeschi ubriachi tentarono di violentare la ragazza ebrea. La sua amica si mise in mezzo per difenderla e loro abusarono lei per tutta la notte e il giorno dopo morì. Dopo due giorni morì anche la ragazze ebrea per l'enorme dolore.
Musa Osmanovic mi ha invece raccontato un'altra storia: i tedeschi cercavano un ebreo che aveva sbagliato a svolgere il suo lavoro per tagliargli la mano. Chiesero quindi a Musa dove era e lui non glielo disse. Per proteggere il suo amico, si fece tagliare tre dita.
Anche di mio nonno, Bajro Hamidovic, so che venne deportato da Sarajevo a Dortmund per andare a comporre le file dell'esercito tedesco, vista la sua stazza robusta e forte, ma in guerra perse la vita. Mio padre me lo ha detto perché si ricordava tutto e mi ha raccontato questa storia affinchè io potessi tramandarla.
Queste storie sono state tragedie a livello umano e non vogliamo più che riaccada di nuovo. Più di 10.000 rom vivono all'interno dei campi intorno a Roma. Sembrano dei lager, ci sono telecamere e guardie dappertutto. È quasi come rivivere quella esperienza per noi".
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