sabato 21 maggio 2011

Rom: Cittadini Europei discrminati

http://www.womeninthecity.it/index.php?option=com_content&view=article&id=589%3Ai-rom-sono-cittadini-europei&catid=84%3Aworld&Itemid=150


Proseguono senza nessun ostacolo, e nel disinteresse della stampa, i provvedimenti di sgombero rivolti alle famiglie Rom in tutta Italia. Lo denuncia una lettera aperta, scritta all'Unione Europea da un gruppo di ong come EveryOne e Opera Nomadi, che sta facendo da giorni il giro del web.

"Oltre 200 mila esseri umani, più della metà bambini, sono stati colpiti dal 2007 ad oggi da provvedimenti di sgombero. Una forma moderna di pulizia etnica, anche in pieno inverno, anche quando le persone evacuate erano sofferenti di tumori maligni e gravi cardiopatie, anche quando le donne erano incinte o portavano in braccio bimbi di pochi giorni. In seguito agli sgomberi, numerosi bambini e malati sono morti, mentre di altri si sono perse le tracce. Gli sgomberi sono azioni disumane, già condannate dall'Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, dalla Commissione europea e dal Consiglio dell'Ue.".

A Roma l'evacuazione dell'acquedotto della Magliana, avvenuto la mattina del 9 maggio, senza che fosse  prevista alcuna alternativa di accoglienza, ha messo in emergenza umanitaria diversi nuclei familiari.
A Milano le operazioni contro l'insediamento di piazza Lugano hanno costretto cinque famiglie Rom romene all'ennesimo esodo, trattandosi di persone in povertà estrema e in condizioni di salute precarie.
Infine il 13 aprile è toccato a una famiglia Rom di Prato, già conosciuta alle istituzioni internazionali e alle organizzazioni umanitarie locali, specie Opera Nomadi Toscana, che segue da vicino questa famiglia a causa della grave condizione di vita.

La donna più anziana, Duja Ahmetovic, 65 anni, è profuga dalla Bosnia, perseguitata e sfuggita ai bombardamenti degli anni '90, ha perso durante il conflitto parenti e amici, fra i quali numerosi bambini. Duja è malata e necessita di assistenza sia per la salute precaria che per l'età. I Rom in Italia hanno una vita media di 40 anni e la donna, a causa della vita difficile e delle condizioni di povertà in cui vive, appare più anziana rispetto all'età anagrafica. Nonostante questa situazione, l'assessore alle Politiche Sociali Dante Mondanelli, dopo l'ennesimo sopralluogo, ha dato lo sfratto alla famiglia di Duja Ahmetovic che vive a lato dal campo di via Marconi. In 15 giorni, deve trovarsi un altro luogo dove stare.

La denuncia delle ong è indirizzata alle istituzioni italiane e internazionali, e illustra nei dettagli la tragedia che ogni sgombero comporta, chiedendone l'interruzione verso le famiglie più vulnerabili, "[...] i Rom in Italia erano 180 mila nel 2007, oggi ne restano meno di 40 mila, sono i numeri di un'espulsione di massa che si è posta contro tutte le leggi che tutelano i popoli".

Questa è purtroppo una vecchia storia... Ma cominciamo dal principio.
A proposito degli “zingari”...
Il termine "zingaro" è una definizione tutta occidentale che viene data ad un insieme di popolazioni da quelli che zingari non sono.  La connotazione negativa che questo termine ha finito con l'assumere nel corso del tempo è alla base della discriminazione sociale di cui sono vittime, e li priva ogni giorno di più della loro identità storica che riconosce nel nomadismo l'elemento fondante e caratterizzante.

Quelli che noi chiamiamo "zingari", come ci spiega l'antropologo Leonardo Piasere, comprendono "un insieme di popolazioni parlanti lingue di origine neo-indiana e un insieme di popolazioni non parlanti lingue di origine neo-indiana. Questi due grandi insiemi condividono caratteristiche di vita particolari. Caratteristiche segnate per esempio dal nomadismo, in certe regioni d'Europa, e da altri tratti culturali in altre regioni".

La comunità più numerosa in Europa è quella dei Rom concentrati soprattutto nell'Est, mentre ad occidente abbiamo comunità differenti, ad esempio i Sinti, i Manus, i Kalé della Spagna o del Galles. "Nella letteratura specializzata degli ultimi anni", dice Piarese, "è invalso l'uso di denominare "zingari" solo le popolazioni che si ritengono originarie dell'India e "Viaggianti" quelle di origine autoctona. Ma una netta divisione è spesso impossibile da stabilire".

Giunti  in Europa dall'India attraverso il Caucaso, l'Armenia e l'Anatolia, di mestiere  impagliatori, calderari e manisclachi, li troviamo già nel secolo XIV accampati in  estese regioni dell'Impero Ottomano, Grecia, Albania, Bulgaria Jugoslavia e Romania.

Cent'anni più tardi, quando il conflitto tra cristiani e musulmani sta infiammando la regione mediterranea, gli zingari – che in  questo periodo allevano cavalli per i principi ottomani, suonano la musica "alla turca" per i Beys, e "all'ungherese" per i principi magiari – si ritroveranno  sballottati tra difensori dei Credenti, i musulmani, e i prodi Cavalieri Cristiani .

E' allora che riprendono la via per l'Europa occidentale e, passando il mar Mediterraneo, arrivano a chiedere asilo al Papa nel XV secolo.

La protezione papale viene sì accordata ma a un patto: non devono stabilirsi in un solo posto ma girare per diciasette anni attraverso il "globo".

Gli zingari prendono in parola l'editto papale e, riprendendo la strada, si ritrovano sparsi per tutta Europa fino ad arrivare alle porte di Parigi nel 1427.

A raccontarci  l'arrivo nella capitale francese, e ad inscrivere nel mito l'epopea zingara, è il romanzo di Victor Hugo "Notre Dame de Paris", che vede una tribù di gitani, di cui fa parte la bella e misteriosa Esmeralda, stabilirsi alla periferia di Parigi occupando un terreno chiamato "la Corte dei Miracoli".

I gitani incanteranno la popolazione con giochi e magie, per sopravvivere, a volte anche rubando e raggirando. Ma ben presto, il fascino del loro esotismo  viene meno negli europei, e il luogo comune per definirli si cristallizza nell'immagine del ladro, imbroglione e pigro. Gli zingari diventano in tutta Europa  l'"altro" per eccellenza.

La popolazione europea li accusa di furto e accattonaggio, nell'immaginario collettivo si trasformano in rapitori di bambini e cannibali. A questo punto i provvedimenti presi in tutta Europa contro di loro possono riassumersi in una sola parola che li accompagna sino ai nostri giorni: espulsione.
A questa si aggiungeranno nei secoli persecuzioni e torture più o meno legalizzate.

Nel Novecento condivideranno, in parte, il destino degli ebrei nei campi di concentramento nazisti.



Se le comuni radici indiane e le tradizioni condivise ne fanno un popolo, gli zingari vivono oggi  condizioni differenti secondo il paese di accoglienza che li ospita.

"Il fenomeno dell'urbanizzazione degli zingari", spiega ancora Leonardo Piasere, "intensificatosi in molti Paesi dell'Europa occidentale negli ultimi quaranta, cinquant'anni, ha seguito grosso modo il fenomeno dell'urbanizzazione della popolazione non zingara. Quindi, da questo punto di vista, non possiamo dire che il rapporto tra zingari e non zingari sia cambiato. E' cambiato soltanto semmai, in rapporto alle condizioni di vita sia degli uni che degli altri: tutti si sono inurbati con un'azione intensiva".

Ciò che segna la condizione dei Rom italiani è la vita disagiata all'estrema perferia delle nostre città, in "campi nomadi" abusivi o strutturati, veri e propri ghetti che avrebbero  bisogno di un'attenzione istituzionale in grado di preservare il diritto al loro stile di vita e di accogliere le loro richieste.  Una direttiva dell’ Unione europea ha definito il quadro legale per combattere la discriminazione nei loro confronti basato tra l’altro sull’articolo 13 del Trattato della Comunità Europea e sulla Direttiva 2000/43/CE sulla parità di trattamento a prescindere dalla razza. Gli Stati Membri hanno il dovere di trasporre questa direttiva nelle loro legislazioni nazionali. La Commissione europea è tenuta tra l’altro a promuovere l’utilizzo dei Fondi Strutturali da parte degli Stati Membri affinché venga sostenuta l’inclusione dei Rom.

Invece assistiamo in molte città agli sgomberi feroci e scriteriati di questi giorni, "aumentati sotto periodo elettorale, come è già successo diverse volte", ci dice Antonio Ardolino, che da anni lavora con i Rom a Roma, nelle case e nei campi .

Fondatore della cooperativa romana Berenice all'interno del progetto più ampio "Controcampo"
che vede coinvolti vari soggetti, Ardolino conosce direttamente la situazone dei Rom in Italia.

"Questi sgomberi sono un peggioramento sotto tutti i punti di vista, perché non viene data alcuna alternativa. Il campo viene sgomberato e la gente si disperde per la città". Inoltre, "non viene dato il preavviso di 48 ore previsto, queste persone vengono avvertite da un'ora all'altra. Li mandano via e basta".

Il risultato è decine - quanto non centinaia - di persone che si sparpagliano per le città con gravi conseguenze per i più fragili, anziani, donne incinte, bambini. Una delle conseguenze immediate, denunciate da molte insegnanti, è la perdita della scuola come punto di riferimento per i più piccoli che sono costretti a cambiare continuamente quartiere. "Neppure la famosa questione sicurezza è risolta se non c'è un progetto dietro lo sgombero, perché queste persone vengono abbandonate letteralmente in giro per la città e quindi, se si smantella un campo di cento persone, se ne formeranno presto cinque più piccoli.

Il coordinamento informale formato tra le varie associazioni laiche e cattoliche che lavorano con i Rom affronta anche questa questione. Inoltre i Rom stessi si sono uniti tra loro per reagire denunciando a voce alta la condizione in cui sono costretti, cosa che sino ad ora non era avvenuta. I Rom sono abituati a sopportare".
Rappresentanti di diverse famiglie, tra cui molte donne, hanno infatti preso parte alle riunioni promosse dalle varie associazioni nei campi per stabilire un progetto per il futuro.

Oggi ci sono alcune donne tra i leader, ascoltate e riconosciute all'interno della comunità. Ma quale può essere un'alternativa a questa politica dello sgombero dissennato? "Spesso ogni nucleo familiare propone diverse soluzioni". Ci sono famiglie che vorrebbero un appartamento,  e gruppi che sarebbero disposti ad acquistare terreni in cui vivere tutti insieme. "Perciò quello che noi proponiamo, su cui tutte le associazioni sono d'accordo, sono progetti sui singoli nuclei familiari. E' possibile e necessario superare i campi e ciò che ne consegue, con costi addirittura inferiori a quelli che gravano sulle amministrazioni che decidono gli sgomberi.".

Se invece si adotta questa soluzione è perché in verità li si vuole strumentalizzare per una battaglia politica vile che agita i fantasmi e la paure inconsce della gente. Rafforzando lo stereotipo dello zingaro pericoloso, ladro e accidioso che turba l'ordine della nostra vita quotidiana, si va in realtà ad attuare quella pratica razzista che ha visto nei secoli diverse vittime, ogni volta differenti ma descritte esattamente allo stesso modo.

Tra queste, la convinzione che i nomadi non conducono una vita "normale" spostandosi in continuazione e sfuggendo in questo modo ad ogni etichettatura sociale. Nello stesso tempo nessuno li vuole realmente sedentarizzati e vicini di casa. La Lega, in questi giorni di elezioni, ha rimarcato il problema dei campi nomadi, ribadendo nello stesso tempo che è inimmaginabile vedere i Rom costruirsi "centinaia di case dentro Milano".
Ovviamente l'unica soluzione resta il limbo nel quale sono costretti a vivere.
Insomma, i nomadi non sono più tali...

Le condizioni di vita dei Rom nel resto d'Europa non sono migliori. Il 27 aprile scorso l’AEDH, l'Associazione Europea per la Difesa dei Diritti dell'Uomo (AEDH) che riunisce leghe e associazioni di tutela dei diritti dell'Uomo dei paesi dell'Unione europea, ha manifestato il proprio consenso per il nuovo quadro sull’integrazione dei Rom in Europa presentato dalla Commissione europea il 5 aprile 2011, giudicandolo tuttavia insufficiente per mettere fine alle discriminazioni subite dalla popolazione Rom.

L'Associazione si è appellata all’Unione Europea per rinforzare la sua posizione e prendere in considerazione le violenze fatte loro; l’AEDH considera che per un reale miglioramento della situazione dei Rom in Europa sia necessario andare al di là di una visione unicamente economica e sociale e adottare un approccio basato sul rispetto dei diritti fondamentali e della dignità umana, ed evidenzia l’assenza di misure destinate a mettere fine alle violenze fisiche conto i Rom.

La questione della violenza anti - Rom resta ancora grave e deve essere inclusa in qualunque quadro europeo che pretenda di migliorare la loro integrazione in Europa. Prima di parlare d’integrazione é necessario garantire la protezione.

Analizzando la reazione degli stati in 44 casi di violenza contro i Rom, il Centro Europeo per i Diritti dei Rom (ERRC) ha stimato che, nella maggioranza dei casi, gli autori non sono stati condannati e spesso neanche perseguiti.

Oltre alla necessità di combattere contro questa violenza, l’AEDH rinnova il suo appello alle istituzioni europee per riconoscere un vero diritto alla mobilità delle minoranze Rom; l’obiettivo è metter fine alla contraddizione dell’Unione Europea che incoraggia gli spostamenti di  cittadini europei, mentre ostacola quelli delle popolazioni più povere e più vulnerabili.

Una tale politica è contraria alla Carta dei Diritti Fondamentali che riconosce gli stessi diritti a tutti i cittadini dell’Unione senza distinzione rispetto all’origine. I Rom sono cittadini europei e una lotta efficace contro le discriminazioni e le violenze contro le minoranze passa, anzitutto, attraverso il riconoscimento di uguaglianza nei diritti

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