37 sgomberi, 37 Passioni viventi: la Pasqua dei rom nella capitale
Il mese di aprile 2011 sarà ricordato a Roma come il mese horribilis per la comunità rom presente nella capitale. Nel calendario delle settimane che hanno preceduto la Pasqua è stato impressionante segnare giornalmente la mappa dei diritti negati ai rom sgomberati dai margini sociali del nostro tessuto urbano: scuola, alloggio, salute, lavoro… Ancora più grave e scandaloso è stato l’ininterrotto abuso, ora terribilmente silenzioso, ora strombazzato, come fosse impresa di cui vantarsi, perpetrato nei confronti dei “nomadi” da parte di amministratori, pubblici ufficiali, politici.
Riprendendo una leggenda che circola nella penisola iberica si potrebbe sicuramente dire che quest’anno Cristo è stato crocifisso due volte. La prima volta sul Gòlgota, la seconda ogni qual volta il potere, ipocrita come quello del Sinedrio e vigliacco come quello di Pilato, ha saputo trarre profitto nell’uccidere e calpestare i diritti dei più piccoli. In entrambi i casi Cristo è stato crocifisso “fuori le mura” della città, lontano dagli sguardi, nell’estrema periferia dell’interesse generale. Davanti a lui, come gridava il profeta, “ci si copre il volto”: per la vergogna, per il rifiuto di comprendere e di andare a fondo, oltre il groviglio dei pregiudizi.
A Roma per 37 volte, dal 1° aprile ad oggi, abbiamo assistito a sgomberi di comunità rom, uomini, donne e bambini. Persone allontanate, scacciate, rifiutate. “Oggi queste persone devono sentire il nostro fiato sul collo” ha ripetuto con vanto un alto responsabile dell’amministrazione comunale. Così è. Così è stato. Probabilmente così continuerà ad essere…
Per qualcuno la Pasqua è solo il ricordo di un uomo crocifisso ingiustamente; per altri è la commemorazione di un uomo che ha vinto la morte. Ognuno mantiene il suo “credo” con la sola certezza che in questi giorni facciamo memoria di un uomo che, per resistere al male e alla falsa giustizia dell’istituzione, è stato inchiodato su un legno. Resta anche il dato storico che il popolo rom da secoli è stato un popolo perseguitato e scacciato, umiliato nei diritti e calpestato nella dignità. Un popolo che, come il Cristo di Nazareth, sempre ha saputo vincere, senza resistere, alla malvagità di una istituzione persecutrice e arrogante e alla storia scritta con l’inchiostro del rifiuto e dell’emarginazione.
La comunità rom che oggi, con il fardello di stracci e dolore sulle spalle, fugge dall’ennesimo sgombero incarna il popolo “della resistenza”, per chi crede nel crocifisso, e il popolo “della risurrezione”, per chi ha fede nel risorto. A noi decidere, dopo le 37 Passioni Viventi vissute negli ultimi 37 sgomberi della capitale, in quale personaggio riconoscerci per una Pasqua coerente alla nostra Vita.
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