Con il popolo Rom
Il quadro europeo per le strategie nazionali di integrazione
08.04.-2011 - Bruxelles - Garantire che tutti i bambini rom completino almeno la scuola primaria, ridurre il divario occupazionale tra i rom e gli altri cittadini, ridurre la mortalità infantile, eliminare le disparità di accesso all'alloggio e a servizi pubblici: sono quattro obiettivi primari contenuti nel "quadro europeo per le strategie nazionali di integrazione" delle popolazioni di origine rom che la Commissione Ue ha lanciato il 5 aprile e che passa ora per competenza agli Stati membri dell'Unione europea. Entro il 2011 i ventisette Paesi Ue devono infatti presentare strategie nazionali rivolte a questi obiettivi.
Il quadro proposto dalla Commissione poggia su quattro "pilastri": accesso all'istruzione, occupazione, assistenza sanitaria, alloggio. Ogni Stato, spiega l'Esecutivo, "deve fissare i suoi obiettivi di integrazione in funzione della popolazione rom presente sul suo territorio". Il tema - discusso anche durante la plenaria dell'Europarlamento di questa settimana - tornerà prossimamente all'ordine del giorno del Consiglio europeo (dove sono rappresentati i capi di Stato e di governo).
"I rom in Europa vivono in condizioni socioeconomiche notevolmente peggiori di quelle del resto della popolazione", afferma la Commissione. E un'indagine condotta in sei Paesi - Bulgaria, Ungheria, Lettonia, Lituania, Romania e Slovacchia - rivela che solo il 42% dei bambini rom completa la scuola primaria, rispetto a una media Ue del 97,5%. Per l'istruzione secondaria la situazione dei giovani rom è ancora peggiore, essendo stimata ad appena il 10%.
"Nel mercato del lavoro - si legge ancora nel documento della Commissione - i rom presentano tassi di occupazione più bassi e sono soggetti a una maggiore discriminazione. Per quanto riguarda la situazione abitativa, spesso non hanno accesso a servizi essenziali come l'acqua corrente e l'elettricità". Anche dal punto di vista sanitario esiste un divario: la speranza di vita dei rom è di 10 anni inferiore alla media europea. "Negli ultimi anni, malgrado qualche buona intenzione manifestata dai responsabili politici nazionali, troppo poco è cambiato nelle condizioni di vita della maggior parte dei rom", ha commentato la vice presidente della Commissione, Viviane Reding.
"Nel mercato del lavoro - si legge ancora nel documento della Commissione - i rom presentano tassi di occupazione più bassi e sono soggetti a una maggiore discriminazione. Per quanto riguarda la situazione abitativa, spesso non hanno accesso a servizi essenziali come l'acqua corrente e l'elettricità". Anche dal punto di vista sanitario esiste un divario: la speranza di vita dei rom è di 10 anni inferiore alla media europea. "Negli ultimi anni, malgrado qualche buona intenzione manifestata dai responsabili politici nazionali, troppo poco è cambiato nelle condizioni di vita della maggior parte dei rom", ha commentato la vice presidente della Commissione, Viviane Reding.
"Gli Stati membri hanno la responsabilità comune di mettere fine all'esclusione" della principale minoranza presente nel continente, stimata tra i 10 e i 12 milioni di persone. È "una sfida importante. Per questo motivo stiamo fissando obiettivi precisi per l'integrazione e abbiamo bisogno di un impegno esplicito da parte di tutte le capitali, le regioni e le città dell'Europa per metterli in pratica. È ora di andare oltre le buone intenzioni e intraprendere azioni concrete".
Un ulteriore commento al provvedimento viene dal commissario per gli affari sociali e l'integrazione, Laszlo Andor: "La persistente esclusione della popolazione rom è inaccettabile nell'Europa del ventunesimo secolo. Negli ultimi anni le condizioni di vita della maggioranza dei rom e le loro relazioni con il resto della società non hanno fatto che peggiorare". Andor collega la questione-rom alla strategia Europa 2020 per la crescita, l'inclusione e la lotta alla povertà, e afferma: "Per alcuni Paesi sarà semplicemente impossibile raggiungere gli obiettivi di Europa 2020 senza una svolta sul piano dell'integrazione dei rom", perché essa "potrebbe offrire notevoli vantaggi economici. Con un'età media di 25 anni contro i 40 anni dell'Ue, i rom rappresentano una percentuale notevole della popolazione in età lavorativa. In Bulgaria e Romania, uno su cinque giovani che entrano per la prima volta nel mercato del lavoro è di origine rom".
Un ulteriore commento al provvedimento viene dal commissario per gli affari sociali e l'integrazione, Laszlo Andor: "La persistente esclusione della popolazione rom è inaccettabile nell'Europa del ventunesimo secolo. Negli ultimi anni le condizioni di vita della maggioranza dei rom e le loro relazioni con il resto della società non hanno fatto che peggiorare". Andor collega la questione-rom alla strategia Europa 2020 per la crescita, l'inclusione e la lotta alla povertà, e afferma: "Per alcuni Paesi sarà semplicemente impossibile raggiungere gli obiettivi di Europa 2020 senza una svolta sul piano dell'integrazione dei rom", perché essa "potrebbe offrire notevoli vantaggi economici. Con un'età media di 25 anni contro i 40 anni dell'Ue, i rom rappresentano una percentuale notevole della popolazione in età lavorativa. In Bulgaria e Romania, uno su cinque giovani che entrano per la prima volta nel mercato del lavoro è di origine rom".
La Commissione sottolinea anche un aspetto scarsamente considerato: mediante i fondi comunitari (Fondo sociale europeo, Fondo per lo sviluppo agricolo…) si potrebbero sostenere progetti concreti per l'istruzione o per la creazione di opportunità professionali rivolte a queste popolazioni.
Assieme alle sue proposte, la Commissione ha presentato un quadro statistico piuttosto articolato circa la presenza rom nei Paesi europei, sia di quelli facenti parte dell'Unione sia di quelli extra-Ue. Risulterebbe che nel vecchio continente vivono circa 11 milioni e 300mila rom (delle diverse "famiglie", alcuni stanziali e già integrati altri ancora nomadi), di cui circa 6 milioni nei Ventisette. I Paesi Ue che contano una maggiore presenza sono la Romania (1 milione e 850mila; ma i dati sono indicativi), la Bulgaria (750mila), l'Ungheria e la Spagna (700mila ciascuno), la Slovacchia (500mila), la Francia (400mila). Seguono Regno Unito, Grecia, Repubblica Ceca. Oltre i confini Ue le maggiori presenze sarebbero in Turchia (oltre 2 milioni), Russia, Serbia e Macedonia. (Sir Europa)
Assieme alle sue proposte, la Commissione ha presentato un quadro statistico piuttosto articolato circa la presenza rom nei Paesi europei, sia di quelli facenti parte dell'Unione sia di quelli extra-Ue. Risulterebbe che nel vecchio continente vivono circa 11 milioni e 300mila rom (delle diverse "famiglie", alcuni stanziali e già integrati altri ancora nomadi), di cui circa 6 milioni nei Ventisette. I Paesi Ue che contano una maggiore presenza sono la Romania (1 milione e 850mila; ma i dati sono indicativi), la Bulgaria (750mila), l'Ungheria e la Spagna (700mila ciascuno), la Slovacchia (500mila), la Francia (400mila). Seguono Regno Unito, Grecia, Repubblica Ceca. Oltre i confini Ue le maggiori presenze sarebbero in Turchia (oltre 2 milioni), Russia, Serbia e Macedonia. (Sir Europa)
Nessun commento:
Posta un commento